Codice Etico e Modello Organizzativo
Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (di seguito nel testo anche “decreto 231”), ha introdotto nell’ordinamento Italiano la responsabilità delle persone giuridiche (detti “Enti”) per gli illeciti conseguenti alla commissione di taluni reati specificamente previsti (i c.d. “reati presupposto). Si tratta di un sistema di responsabilità autonomo, caratterizzato da presupposti e conseguenze distinti da quelli previsti per la responsabilità penale della persona fisica. In particolare, l’Ente può essere ritenuto responsabile ai sensi del decreto 231 se, prima della commissione del reato da parte di un soggetto ad esso funzionalmente collegato, non ha adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione e gestione idonei a evitare la commissione di reati della specie di quello verificatosi e previsti dal decreto 231. Quanto alle conseguenze, l’accertamento della commissione di un illecito previsto dal decreto 231 espone l’Ente all’applicazione di gravi sanzioni, che ne colpiscono il patrimonio, l’immagine e la stessa attività. Il Decreto Legislativo 231/2001 ha adeguato la normativa italiana rispetto alle Convenzioni internazionali in materia, tra cui la Convenzione di Bruxelles del 1995 a tutela degli interessi finanziari delle Comunità Europee, la Convenzione di Bruxelles del 1997 per la lotta alla corruzione e la Convenzione OCSE del 1997, anch’essa a tutela della corruzione tra pubblici uffici stranieri.
Il D.Lgs. 231/2001, recante la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica” ha introdotto, per la prima volta in Italia, la responsabilità personale degli enti collettivi per alcuni reati commessi nel loro interesse o vantaggio da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’Ente, o commessi da parte una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché da soggetti che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dell’Ente stesso e, infine, da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati.
Tale responsabilità si aggiunge a quella penale della persona fisica autore del reato e ancorché definita “amministrativa”, sostanzia per l’Ente collettivo una vera responsabilità “para-penale”. La nuova responsabilità introdotta dal D.Lgs. 231/2001 e s.m.i. mira a coinvolgere nella punizione di taluni illeciti penali specificamente previsti dalla norma (i c.d. “reati presupposto) il patrimonio degli Enti che abbiano tratto un vantaggio dalla commissione del reato, nel presupposto che la commissione del reato è stata agevolata o permessa dal “deficit organizzativo” dell’Ente stesso. Per tutti gli illeciti commessi è prevista l’applicazione di una sanzione pecuniaria e la confisca del prodotto/profitto del reato; per i casi più gravi sono previste anche misure interdittive quali la sospensione o revoca di licenze e concessioni, il divieto di contrarre con la Pubblica Amministrazione (P.A.), l’interdizione dall’esercizio dell’attività, l’esclusione o revoca di finanziamenti e contributi, il divieto di pubblicizzare beni e servizi. Quando si parla di reati previsti dal D.Lgs. 231/2001 e successive modifiche e integrazioni (“Reati”), ci si riferisce sia ai reati originariamente previsti (reati nei confronti della P.A.), sia alle ipotesi di reato successivamente introdotte o che verranno introdotte. Le sanzioni interdittive possono essere irrogate anticipatamente quale misura cautelare.